Alessia & Alessandro
10 settembre 2011
Sono passati 4828 giorni dal nostro matrimonio

Diario di viaggio...

 

                                                                                A  noi due e….

                                                                                a voi tutti per lo  splendido regalo!!!

 

12 settembre 2011

Ora locale (Roma) 9.05

Ora a destinazione (Los Angeles) 00.05

In fin dei conti mancano solo 6346 miglia ovvero 10.213 km.

Ale ha appena toccato la poltrona e già si è assopito, Io sono stanca ma non ho per niente sonno. Alle fine i bagagli erano pronti a mezzanotte inoltrata. Mi sono rigirata a lungo nel letto mentre Ale dormiva profondamente da tempo. Poi, ho spento la luce ed… è suonata la sveglia! Ore 05.25!!! Che devo fare? Momento di smarrimento…mi devo alzare?!? Noooooo… di già?!? Ultimi preparativi e via in aeroporto dove abbiamo trovato ad accoglierci… un comitato di piccioni!!! E sì, all’interno dell’aeroporto, dopo il controllo bagagli, si aggiravano per i negozi svolazzando tra i passeggeri in attesa.

Ora siamo saliti e  stiamo per prepararci al decollo. L’aereo è pieno! I propositi di sdraiarci si sono dissolti ed Ale??? Dorme…

Non vi preoccupate. Credo che per passare il tempo potrò scrivere un libro…

Nel frattempo faccio un salto indietro e provo a riscrivere il messaggio che avrei voluto lasciare sul nostro sito il fatidico giorno, ma che purtroppo non sono riuscita ad inserire, a causa del malfunzionamento del sistema.

10 settembre 2011 ore 10.30. Sono appena rientrata a casa dopo essere stata da Stefano che mi ha fatto la pre-acconciatura. Sono dovuta uscire da lì con la retina in testa e guidare per Roma conciata in quella maniera…

A casa non c’è nessuno, sono tutti fuori per i giri dell’ultima ora ed io provo a mantenere la calma. Ci siamo… manca pochissimo!!! Inutile descrivere le tante sensazioni che sto provando… mi conoscete bene!

Vorrei ringraziare le ragazze per la serata di mercoledì! E’ stata piacevolissima ed era troppo tempo che non organizzavamo una rimpatriata tra noi. Grazie anche per i preziosi oggettini, anche se ho molti dubbi che li utilizzeremo tutti!!!

Ai ragazzi che dire… grazie per aver messo ko il futuro sposo anche di giovedì sera.

Ed ora, non ci resta che vivere i prossimi istanti.

 Un ringraziamento speciale a chi vivrà con noi questo importante momento ed anche a chi condividerà le emozioni a distanza!”.

Ma torniamo al presente…

Dopo un pisolino, finalmente il decollo. Sono le 9.45 in ritardo di mezz’ora! Fa freddo! Giacca, copertina… forse ci volevano anche cappello e guanti di lana!

Alle 10.30 sono finalmente passati per offrirci qualcosa (siamo svegli da cinque ore!)… ma cosa vi aspettate?!?

Io ho chiesto all’hostess un tè caldo e mi è stato risposto che lo avrebbero servito dopo pranzo, però al momento potevano offrirmi del vino bianco o rosso o un ginger… ma sono PAZZI???

Ore 11.00 Eccoli di nuovo. E’ ora di … pranzo?!? Tortellini al pesto e altre cosine, gelato e tè! Ma che accostamenti culinari e temporali?!?

Intanto sotto a noi scorrono Parigi, Londra, Glasgow… mancano 5042 miglia.

Ale ha mangiato tutto, anche la mia parte... ha detto che bisogna abituarsi al nuovo fuso; io ho lo stomaco sotto sopra. Ora dorme di nuovo… quello che ci si può augurare per un figlio “mangia e dorme”, ma non credo proprio per un  NOVELLO SPOSO!!!

Breve pisolino anche per me… qui hanno fatto chiudere tutte le tendine e di colpo si è fatta notte. Io mi sono intrattenuta con i film. Ho visto “Immaturi” molto carino, ora sto vedendo “Nessuno mi può giudicare”, ma non mi sembra niente di particolare.

Ore 14.45  MIRACOLO!!! Ale si è svegliato, ma non so quanto duri…

Ore 15.00 Stiamo sorvolando l’Islanda e mancano “solo 7 ore” (come dice Ale!) e poi la Groenlandia.

Lui russa accanto ed ogni tanto mi tocca dargli qualche colpetto perché diventa troppo rumoroso.

Ho finito di vedere il secondo film, giudizio: così così. Poi, mi sono intrattenuta con  la presentazione di LAX (Los Angeles), Miami e Roma (come poteva mancare!!!).

Ore 16.30 Hanno acceso le luci… non è che ci portano di nuovo cibo? Il mio stomaco non sa cosa deve fare…

Ore 18.00 Ho finito di vedere “Habemus Papam”. Mi è piaciuto moltissimo, finale spiazzante! Ma ora non venite a chiedermi come finisce perché non lo ricordo più.

Ore 20.00 Si riaccendono le luci!!! Ale è sveglio! Da non credere… EVVIVA!!! Si mangia di nuovo!

Tempo mancante 54 minuti all’atterraggio. Abbiamo sorvolato i parchi e stiamo arrivando! I mesi di pendolarismo tra aerei e treni mi hanno agevolato. Non mi sono quasi resa conto delle DODICI ore di viaggio. Possiamo provare mete più lontane!!! Ma esistono???

Ps. Indovinate?!? Certe coincidenze fanno riflettere… In uno dei film che ho visto hanno nominato Osho e su “Ulisse” c’è tutto un servizio dedicato al lago Maggiore con foto bellissime delle isole!

Atterriamo, facciamo la fila al controllo bagagli e alla dogana ci riconoscono subito: HONEY MOON?!? Eppure il maritino è bello stagionato… non é un pischelletto! Forse sarò io a fargli dimostrare meno anni…

Poi la fila per ritirare l’auto… Qualche difficoltà per farci capire, poi qualche difficoltà per comprendere il cambio automatico. La Hertz ci ha dato un jeep enorme!!! Ma la targa è dello stato del Washington, non della California! Ora recupereremo una targa “Just Married”.

A Roma sono quasi le due di notte!!! Considerando che ci siamo svegliati prestissimo sono veramente tante ore che non chiudo occhio, ma resisto.

Siamo arrivati or ora nell’albergo a Los Angeles. Abbiamo preso possesso della stanza che è spaziosissima con due letti matrimoniali ed ho pensato bene di inaugurare il bagno. Alzo la tavoletta e…. SORPRESA!!!

Un bel cacciavite nel water!!! Cerchiamo Andrea nell’armadio e sotto il letto… E’ possibile che sia arrivato anche qui con gli scherzi?!? Per fortuna siamo soli…

Abbiamo però notato subito l’efficienza del servizio. Non appena ho preso il diario per annotare il fatto, qualcuno aveva già bussato alla porta per risolvere il problema. Ha messo le manine lì dentro ed ha pescato lo strumento! Che schifo!!!

Decidiamo di restare svegli il più possibile e quindi riusciamo immediatamente, solo il tempo di posare i bagagli.

Ci dirigiamo a Venice, un tempo riproduzione di Venezia, con tanto di canali e gondole, oggi per lo più asfaltati e trasformati in strade.

La spiaggia è immensa, Lo sguardo si perde… una  distesa di sabbia bianca, diverse torrette per i baywatch, le palme, il tramonto… Sembra di essere sul set del famoso telefilm…

La spiaggia è costeggiata da una pista pedonale e ciclabile, dove sfrecciano diversi pattinatori.

C’è anche una palestra a cielo aperto, frequentata anche da persone mascherate (noi abbiamo visto l’uomo ragno), che si esercitano agli attrezzi sotto il sole cocente, facendo mostra dei loro muscoli.

Nonostante ciò la mia impressione non è delle migliori. La gente che circola è strana, vestita male, sporca, Sono vagabondi, senzatetto e sono tantissimi. Ci sono artisti di strada, baracche, tende, specie di bancarelle lungo tutto il viale che costeggia l’oceano. Non riesco a rilassarmi, non mi sento sicura. Riusciamo, comunque, a tornare in albergo sani e salvi, dopo aver fatto una breve sosta al Mc Donald’s per uno spuntino. Sono le 20.30. Siamo cotti. Nanna!

13 settembre 2011

Buondì! Sono le 05.30. Un elefante si aggira al piano di sopra. Non abbiamo più sonno e abbiamo fame. Due biscotti per tamponare lo stomaco, poi scendiamo al Bistrot dell’albergo. Ordiniamo una porzione di pancakes con banana e fragole, ipercalorico e immenso, ma dividendolo è un male minore.

Ore 9.00 Si parte alla volta degli Universal Studios. Al nostro arrivo ci siamo trovati dinanzi un mondo davvero incredibile…

Abbiamo apprezzato in modo particolare il tour a bordo del treno, nel corso del quale ci hanno svelato alcuni segreti di scena e provato di tutto… anche tanta paura! Abbiamo assistito alla lotta virtuale in 3D tra i dinosauri di Jurrassic Park e il grande King Kong e noi eravamo in un piccolo vagone, subendo gli urti degli animali scaraventati vicendevolmente contro il nostro treno.   

Dire Luna Park è sminuirlo, ma pensate a quel tipo di attrazioni con dimensioni americane, con montagne russe e altre macchine infernali.

Tra un incontro con lo Squalo di Spielberg, l’Horror House (con uomini in carne ed ossa truccati da mummie e mostri che ti afferravano a destra e sinistra o si nascondevano per tendere agguati), i dinosauri, le rapide, il fuoco, le esplosioni, le inondazioni, i terremoti, le macchine danzanti, la slitta trainata da un cartone animato (sulla slitta c’eravamo noi!!! E potete immaginare dove siamo stati sbattuti… confesso che ho mantenuto per parecchio tempo gli occhi chiusi e a posteriori me ne pento amaramente), il 3D con effetti speciali (ad un certo punto mi sono sentita camminare i ragni sulle caviglie, dato che avevo le caviglie scoperte indossando i pantaloni alla pescatora!!!  Potete ben immaginare, dove sono finite le mie gambe. In pochi secondi erano in cielo, nonostante continuassi ad essere seduta sulla poltrona tipo cinema ad effetti speciali)… la giornata è volata… Soddisfatti è dir poco. Un’esperienza indimenticabile nel vero senso della parola. Peccato non aver previsto una seconda giornata. L’avremmo sicuramente apprezzata, anche perché qualche attrazione l’abbiamo dovuta saltare per mancanza di tempo. Torniamo in albergo comunque soddisfatti delle tante emozioni provate. Buonanotte!

14 settembre 2011

Oggi è la giornata dedicata alle stelle del presente e del passato… Così fra una stella di Walt Disney, un’impronta di Anthony Hopkins e le foto di Ale con Marilyn  e le mie con Topolino - Ale afferma “Ognuno ha quello che si merita”, ma io sono orgogliosissima di aver una foto con il mitico Mickey Mouse - è trascorsa mezza giornata.

Vi domanderete e l’altra mezza??? A sprecare benzina (fortunatamente qui non costa così tanto come in Italia) in cerca delle famose ville di Beverly Hills. Non è mancata la passeggiata sulla Rodeo Drive (ricordate Julia Roberts?!?) e la scalata alla scritta “Hollywood”.

Poi abbiamo visitato Santa Monica, una zona molta carina, costituita da un’area pedonale con negozietti e scritte colorate ed infine Palisades Park, una splendida apertura sull’oceano, ma ahinoi era troppo nuvolo per poter ammirare il tramonto, decantato nelle guide.  

Abbiamo, però, immortalato le giostre di Venice, in prossimità dell’oceano.

Il tempo a nostra disposizione per LAX è terminato. Un giorno in più ci avrebbe consentito di visitare meglio la città e i suoi quartieri disseminati su un territorio veramente vasto, ma ci aspettano altre mete e quindi con rammarico ci riavviamo verso l’albergo per la cena all’Ihop. Poi nanna, domani ci aspettano parecchie miglia.

15 settembre 2011

Las Vegas arriviamo!!! Prima però sosta da Smart & Final, un supermarket “stile Canada” per alcuni acquisti. Stanotte ha piovuto, ma noi non ci siamo resi conto di nulla. La strada è bagnata, il cielo è grigio. Prendiamo la I 15. Comincia il paesaggio desertico con cornice di montagne rocciose. Poche piante, rade, tutto libero davanti a noi. Le strade sono linee lunghissime, infinite, interminabili tanto che si riesce a vedere la traiettoria fino all’orizzonte. E’ tutto uguale… io quasi quasi schiaccio un pisolino. Al risveglio non è cambiato nulla, paesaggio sempre uguale. Ale mi invita a scrivere che in macchina sono io a non essere di compagnia. Effettivamente ha ragione, ma per me l’auto ha da sempre costituito il posto migliore dove riposare, meglio di una culla e gli occhi si chiudono nuovamente. Breve sosta in un paesino per una pizza… ma questi americani come la fanno? Il marchio è famoso “Pizza Hut”, ma non ha nulla a che vedere con la nostra. Di nuovo Ale al volante. Ad un tratto, dal nulla spuntano palazzi e grattacieli.

Ci siamo! “Welcome to Fabolous Las Vegas”. Sbagliamo uscita, ma finalmente prendiamo lo Strip (il corso principale). Non sappiamo dove guardare, è un susseguirsi di attrazioni e le luci non si sono ancora accese. Il castello, il circo, la Torre Eiffel, la città di Venezia, la piramide del Luxor, il Caesar Palace in stile romanico, la Statua della Libertà … e pensare che sono tutti alberghi!!! Decidiamo di raggiungere il nostro hotel per lasciare i bagagli, onde evitare di dover proseguire il resto del viaggio senza le nostre cose. Arriviamo al Mandalay… un grattacielo immenso. Entriamo, molto rumore, molta confusione, tantissime persone… c’è un acquario nella hall con pesci colorati e due squaletti maculati. Facciamo la fila e poi ci consegnano la cartina dell’albergo. E noi subito… ci perdiamo.

Infatti, il primo ascensore che raggiungiamo non porta al nostro piano. Dove sarà quello per il 28° piano? Credo di non esser mai stata al 28° piano, no anzi, ne sono sicura. La nostra stanza è la n. 28.320. Trovata! Anche qui doppio letto, forse per quando si litiga… o forse perché questi americani sono proprio ingombranti!!! Rimaniamo ad ammirare la vista oltre la vetrata di cristallo che da terra a soffitto occupa un’intera parete, affacciando parte sullo Strip, parte sulla montagne. Lo sguardo si perde…

Decidiamo di dedicare un paio di ore alla visita dell’Outlet a dieci minuti di macchina, Lo troviamo senza troppo difficoltà. Non è tanto grande e a me non sembra ci siano tante occasioni.

Ale fa acquisti: uno zainetto ed un mono spalla della Kipling, una camicia ed un golf Timberland. Io… NULLA! Questo marito è proprio fortunato.

Prendiamo la via del ritorno e decidiamo di parcheggiare al Bellagio (un altro albergo, famoso per lo spettacolo di getti d’acqua a tempo di musica), visto che abbiamo in programma di cenare lì. Entriamo e chiediamo alla reception le indicazioni per il ristorante. L’addetto ci risponde “Quale??? Ne abbiamo tredici…”. Scusate! Dimenticavamo di essere a Las Vegas. Ma come è possibile che all’interno di un albergo ci siano 13 ristoranti? Posso comprendere in un villaggio turistico la presenza di 3 ristoranti, ma 13 in un albergo, può ben far intendere le dimensioni del luogo dove siamo. Seguiamo le indicazioni e raggiungiamo l’ingresso del “The Buffet”. La fila chilometrica ci scoraggia. Non possiamo perdere due ore per entrare e un’altra ora per cenare… Las Vegas ci aspetta! Così ripieghiamo su un Mac Donald’s con la promessa di ritentare quel ristorante l’indomani a pranzo.

Percorriamo a piedi lo Strip dal Bellagio al Treasure Island, passando per il castello, la statua della libertà, la Tour Effeil, il Caesar Palace, la fontana di Trevi, la città di Venezia con le calli, le gondole e tutto il resto… Di isolato in isolato, sembra che si possa passare dalle piramidi egizie a Parigi, da Roma a Venezia, dall’America al castello delle fiabe…

Ogni tanto incontriamo un Elvis Presley, una wonder woman e altri personaggi dello spettacolo in carne ed ossa, che passeggiano per le strade, soffermandosi con i turisti per qualche foto

Intanto, l’ora avanza e il sole ci saluta, lasciando spazio alle luci al neon: la bottiglia della Coca enorme del Coca Cola Store, la chitarra dell’Hard Rock Cafè, il faro del Luxor (che dicono si veda dallo spazio, collocato sulla piramide del famoso albergo stile egizio). Continuiamo per cercare di vedere più cose possibili. Arriviamo in tempo utile per lo spettacolo delle Fontane al Bellagio. Bello, ma breve. Me ne avevano parlato tanto e credevo fosse più entusiasmante. L’ho filmato tutto, quindi avrete la possibilità di vederlo.

Invece, abbiamo perso l’eruzione del vulcano e lo spettacolo dei pirati (siamo arrivati alla fine) e non abbiamo neanche cenato al ristorante! Pensate se ci fossimo messi in fila!!!

Ale è a pezzi ma stringe i denti. Torniamo in camera e rimaniamo a bocca aperta per lo spettacolo notturno della vista dalla vetrata. Con le luci accese Las Vegas è ancora più bella. 

Non sappiamo che ore sono. Sul comodino l’orologio indica l’una di notte, ma qui dovrebbe essere un’ora in meno. Ale telefona alla reception… La sveglia sul comodino è sbagliata! Faccio qualche scatto per immortalare la vista by night e poi mi preparo per la notte. Sono quasi le due. Ci addormentiamo guardando il panorama di luci.

16 settembre 2011

Al nostro risveglio ci accorgiamo della presenza della sfinge, della statua della libertà, della scritta MGM (Metro Golden Mayer)… ma c’erano ieri? Decidiamo di fare un salto in piscina. “The Beach” ci attende con le sue onde. Infatti, pochi minuti dopo il nostro arrivo,  alcuni bagnini - di Baywacht avevano solo il galleggiante - si posizionano e cominciano le onde: una ogni secolo, ma c’erano veramente! 

Ci vuole fantasia per pensare alle onde del mare, ma se si realizza che siamo nel mezzo del deserto, qui sembra tutto possibile. Poi doccia e passeggiata per lo Strip. Prendiamo il trenino, tipo metropolitana sospesa, che dal Mandalay ci porta all’Excalibur; da qui la vista ci mancava.

E’ d’obbligo almeno una tappa al Casinò, per sperimentare il tavolo da gioco. Fortunatamente non abbiamo tempo da perdere davanti a tappeti verdi e slot machine e così tentiamo il tutto per tutto, giocandoci la bellezza di sei dollari alla roulette… Indovinate??? Dopo aver vinto e accumulato altri dollari per cinque giocate, in un colpo solo abbiamo perso tutto! Raggiungiamo il “Bellagio” per il famoso buffet, ma la fila è identica a quella di ieri. Sarà per la prossima volta.

Andiamo da CVS (un supermarket) dove acquistiamo due insalate, ma poi passando di fronte all’Irish Pub, decidiamo di fermarci lì, concedendoci due tranci di salmone grigliato con insalata. Eccellente il pesce. E’ tardi! Corriamo al parcheggio per recuperare l’auto. Qualche giretto di troppo per uscire e trovare il luogo dove ritirare i bagagli. Carichiamo. Si parte! Ciao Las Vegas. Prendiamo la I 15, per svoltare sulla I 215, poi la I 515 e la 93 direzione Leing Man. Grand Canyon stiamo arrivando! Durante il percorso incontriamo il Colorado River e il Lake Made, un lago immenso di un azzurro intenso.

Comincia a far buio e svanisce il proposito di vedere il tramonto al Grand Canyon. E’ sempre più scuro e le indicazioni scarseggiano. Arriviamo dopo le 19.30 all’ingresso del Parco, ma non c’è nessuno a cui chiedere informazioni. Varchiamo il Gate d’ingresso e arriviamo ad un incrocio dove non c’è alcuna insegna con il nome del  nostro Lodge. Decidiamo di tornare indietro. All’uscita finalmente riappaiono le luci. Ci fermiamo in un piccolo shopping center. Ci forniscono una piantina del parco e con questa riusciamo finalmente a trovarlo.

Ale che è sceso dall’auto per andare a fare la registrazione, si è trovato dinanzi un gruppo di cervi liberi. Siamo stanchi e innervositi dal quasi esserci persi nel buio del parco. Andiamo a dormire.

17 settembre 2011

L’indomani la luce ci fa scoprire la natura che la notte celava. Uno spettacolo: scoiattoli ovunque, daini, muli, cervi, condor e il Grand Canyon con le sue sfumature rossastre. Il cielo è lievemente coperto e la foschia impedisce ai colori di rendere al meglio.

Optiamo per un tour con guida (peccato in inglese, ma il nostro è veramente preparato e simpatico). Però come è faticoso stare attenti alla spiegazione e capire tutto. La visita è fantastica. Con un pulman raggiungiamo diversi punti panoramici, dove ci fermiamo per ammirare lo spettacolo del Colorado che si insinua tra le rocce.

Pranziamo con insalate e formaggio di fronte alla vista del Canyon, in compagnia degli scoiattoli che spinti dalla golosità si avvicinano fino a salirci quasi in braccio. Ma è vietato dar loro cibo.

Questi esserini sono veramente teneri, ma la guida ci allerta, dicendoci di non farci ingannare dall’apparenza… i loro artigli lunghi ed affilati sono molto pericolosi e hanno mandato in ospedale non poche persone.

Ore 15.00 Dopo aver acquistato qualche souvenir, si riparte. Mi tocca salire al timone. Ale ha di nuovo mal di testa (ma queste non sono scuse da donna?!?). Scopro che guidando riesco a mantenermi sveglia e ad apprezzare di più il panorama. Impossibile descriverlo… forse le foto riusciranno a riprodurre questo spettacolo della natura. 

Arriviamo a Page… una cittadina deliziosa, poi breve sosta da Wall Mart e infine cena al Dam. Non troviamo subito un tavolo libero al ristorante. Ci dicono che c’è da attendere e così ci fanno accomodare in un salottino e ci consegnano una specie di telecomando, che si illuminerà quando il nostro tavolo sarà pronto. Caspita che tecnologia! Dopo cena, torniamo in albergo visto che domani la sveglia suonerà presto. Per raggiungere il Bryce Canyon dovremo affrontare altre tre ore di viaggio.

Ps. L’auto automatica è proprio strana da guidare. Ma una volta presa la mano, un solo pedale e via (nel senso che manca la frizione, ma il freno c’è, non vi preoccupate!). Accipicchiolina che pulman che ho guidato. E’ il primo di tali dimensioni!

18 settembre 2011

Sveglia ore 6. Dobbiamo partire presto… ci aspetta parecchia strada. Scendiamo per colazione: cinnamon (cannella) ovunque, per la mia gioia!!! Proviamo tutto, anche i pancakes con lo sciroppo d’acero, ma entrambi pensiamo che domani opteremo per il classico pane e marmellata. Si parte! Sono le otto meno un quarto.

Attraversiamo di nuovo Page, il famoso Glen Canyon Dam -  la diga costruita per fornire energia dopo tante contestazioni tra le popolazioni del luogo e le associazioni ambientaliste - ed un ponte che ci porterà dall’Arizona in Utah.

E, infatti, dopo qualche miglia ecco il cartello di “Welcome”.  

Il paesaggio di rocce rosse è incantevole e si vede anche l’immenso lago Powell con il caratteristico blu intenso, il secondo bacino artificiale dello stato. Arriviamo a Kanab, dove ci fermiamo per il rifornimento carburante. E’ una cittadina molto carina, stile ranch.

Peccato che non abbiamo tempo per visitarla… vedremo al ritorno.

Ale si accorge che non sono le 9.45 ma le 10.45… qui c’è il fuso. Realizziamo di aver perso un’altra ora. Uffi! Durante il tragitto incontriamo il Red Canyon… FAVOLOSO! 

Finalmente ecco il Bryce. Decidiamo di parcheggiare il fuoristrada e proseguire con i pulman del parco. Saggia decisione! Il primo sito che visitiamo è il Bryce Point. Scattiamo centinaia di foto. Queste rocce rosse sono veramente lo spettacolo della natura più bello dopo il big bang, perché altrimenti “…siamo noi, io e te, io e te…” (alla Lorenzo Cherubini). Ci spostiamo poi all’Inspiration Point. Queste guglie rossastre si perdono all’orizzonte, l’effetto è quello della sabbia bagnata fatta scivolare tra le dita a creare picchi con forme arrotondate. Percorriamo a piedi il sentiero che da Inspiration Point va al Sunset Point. Sembra vicino, ma come ieri ci diceva la guida, le distanze sono immense. Questo posto è una meraviglia. Concludiamo la visita al Sunrise Point dove ci concediamo un hot dog alle 15.00.

Purtroppo, il tempo è peggiorato e così decidiamo a malincuore di non avventurarci giù nei canyon. Ale promette di riportarmi qui, ma ometto come ha concluso la frase… segreto tra me e lui! Riprendiamo il pulman per tornare al parcheggio e ci affrettiamo per poter ammirare un gruppo di cervi che brucano vicino alla strada. Sembrano non curanti dei passanti, ma appena sentono un rumore diverso, si mettono sull’attenti per controllare la situazione e poi tornare a mangiare le erbette. Ci incamminiamo sulla strada del ritorno, fermandoci al Red Canyon per una breve escursione e qualche fotografia.

Ale si arrampica tra le rocce e nello scendere, per fare lo spiritoso, si aggrappa ad un ramo secco, che spezzandosi lo fa finire a terra di schiena. Complimenti per l’arguzia! Peccato non aver immortalato l’evento dettagliatamente! Ci fermiano poi al Dam, per qualche scatto, ma è già piuttosto buio. Torniamo in albergo, dopo una breve sosta in un negozietto di souvenir a Page. Io non ho fame (abbiamo pranzato alle tre) e così Ale si sacrifica e rinuncia alla cena. Io mi preparo una bella camomilla per digerire l’hot dog e le varie salsine. Dopo un’oretta va meglio, così Ale mi propone… “Se hai fame, possiamo andare ora a cena…”. Ma io non ho alcuna intenzione di riuscire. Notte!

19 settembre 2011

ore 6.00 Ale è già in giro per la stanza intento nei suoi preparativi. Io ancora ronfo profondamente. Prima di accendere il phon decide di svegliarmi. Mi alzo con il cuscino impresso ancora sul viso. Che sonno! Mi vesto in fretta e via a colazione. Ci aspettano due ore e mezzo di viaggio. Questa mattina nessun esperimento: apple juice e pane tostato con marmellata. Carichiamo i bagagli e partiamo alla volta della Monument Valley. Arriviamo a destinazione alle 10. Ohi..  ohi… perché l’orologio segna un’ora in più del nostro? Ma mai a nostro favore? Abbiamo l’impressione di rincorrere il tempo, che però ha sempre la meglio.

Dopo aver chiesto informazioni e aver letto cartelli minacciosi sulle condizioni della strada, decidiamo di fare anche qui una visita guidata (cara, ma almeno siamo tranquilli di non distruggere la nostra macchinina). Saliamo su un truck, un fuoristrada aperto dietro alle intemperie. Non appena comincia il tour, ci guardiamo felici di aver speso la modica cifra di 150 dollari per la gita. Ci sono dei canyon lungo la strada che sembrano la faglia di S. Andreas e i dislivelli sono veramente notevoli.  

Ci aggrappiamo ai sedili e ammiriamo il panorama di rocce rosse che si apre dinanzi ai nostri occhi. Le rocce immense creano delle forme… certo ci vuole un po’ di fantasia ed ognuno può vederci tante cose… ad esempio, Ale in una roccia ha visto un coniglio (deformazione professionale derivante da “Il ruggito del coniglio”?!? Chi può dirlo!).

Quello che più ci ha colpito è stato il Drago. Era lì disteso che riposava sonnacchioso. SSS… meglio non svegliarlo… 

Addentrandoci nel parco, veniamo shakerati ben bene dall’autista navajo e attraversiamo il letto degli affluenti del Colorado River. Anche qui? Ma quanto è lungo? Il nostro viaggio potrebbe intitolarsi “Lungo le rive del Colorado…”, visto che lo stiamo risalendo come i salmoni. Speriamo però di non fare la loro stessa fine!

Lo scenario è surreale. Ovunque ci sono monumenti e specie di torri rosse. Arrivati al Window Point, la guida ci racconta che in questo sito sono stati girati molti film, tra cui “Back to the future” e “Mission Impossible”. Una domanda sorge spontanea “Tom dove sei???”. Sembra impossibile che il Colorado con le sue acque e gli agenti atmosferici, da soli abbiamo potuto creare tutto ciò, senza alcun intervento umano.

Soddisfatti scendiamo dal truck e ci spieghiamo il motivo per il quale i sedili in pelle sono tutti strappati… per non essere sbalzati giù dalla jeep, i turisti si aggrappano con le unghie e con i denti! Riprendiamo l’auto verso le 16.00 e ci incamminiamo verso Moab. Attraversiamo un paesino più carino dell’altro: Halcita, Bluff, Blanding e finalmente riesco a fotografare gli alpaca delle “sorelle McLeod”.

Ale vede un altro orologio… abbiamo perso un’altra ora! Ma è possibile che in cinque ore di auto abbiamo perso due ore della nostra vita? Sarebbe meglio andare nell’altro verso, ma ormai è troppo tardi. E poi i giri con la macchina stanno per terminare. Arriviamo a Moab, prendiamo possesso della stanza. Carina, sempre con due letti matrimoniali e noi ancora non ci spieghiamo il perché.

Nel corridoio 30 gradi. Apriamo la porta della stanza ed entriamo nella cella frigorifera! Brrrr! Che freddo! Ma sono pazzi! Accendiamo il riscaldamento e apriamo le finestre per far entrare un po’ di caldo. Qualche giretto per lo shopping e per cena andiamo da “Blue Pig”. Delizioso questo Carolina Pulled Pork con salsina barbecue KC. Si va a nanna, domani ci aspettano gli Arches Park!

Ps. Allarme rosso!!! Il notebook non si accende più… ieri funzionava e anche questa mattina! Dentro ci sono tutte le foto ed i nostri ricordi del  viaggio. Luca, devi fare un miracolo al rientro a Roma.

20 settembre 2011

sveglia ore 7.00. Colazione veloce, non ci soddisfa e poi via agli Arches. Stavolta pochi chilometri ci separano dalla destinazione e alle 9.15 varchiamo il cancello d’ingresso. Le guide in nostro possesso dicono che ci vuole poco tempo per visitare questo parco. Ci consegnano una piantina e proseguiamo stavolta con la nostra auto, visto che la strada è tutta asfaltata. Ci fermiamo ovunque e facciamo dei sentieri di breve lunghezza per raggiungere gli archi da vicino. Ci colpisce la Sheep Rock, sembra proprio una pecora enorme con il musetto, le orecchie, la bocca e gli occhi! Qui non occorre troppa fantasia per vederla. E’ proprio una pecora!

 Poi avvistiamo la Balanced Rock. Ancora ci stiamo chiedendo come una roccia di quelle dimensioni si possa reggere in bilico su un infinitesimale punto. Ma qui c’è la forza di gravità?!? Noi siamo con i piedi a terra, non voliamo e probabilmente pesiamo molto più di quando siamo partiti, dato le varie schifezze supercaloriche e le salsine che abbiamo ingerito, ma meno di quella roccia! E lei è lì ferma nel vuoto e noi qui piantati a terra. Ci deve essere qualcuno che la sta tenendo! Raggiungiamo poi diversi archi e buchi, anche doppi, tunnel… insomma, tra un view point e l’altro fatto con la macchina, percorriamo a piedi diversi chilometri. Il paesaggio anche qui è fantastico.

Ci arrampichiamo per raggiungere il più possibile gli archi da vicino. Ale sale sempre più in alto, ma poi è sempre più in difficoltà nello scendere.

Verso le 14 il caldo si fa sentire e anche lo stomaco. Non essendoci nulla all’interno da comprare, decidiamo di tornare a Moab per un break e qualche compera, per poi rientrare al parco per vedere il tramonto da Delicate Arch come consigliato. Verso le 16 eccoci di nuovo varcare l’ingresso. Facciamo la parte che non abbiamo ancora visitato verso il Devil’s Garden, ma non rimaniamo colpiti. La prima parte era molto più affascinante. Poi, ci affrettiamo a raggiungere il parcheggio del Delicate Arch. Il sole si sta avviando al tramonto. La view dal basso non ci soddisfa. Decidiamo di tornare al parcheggio precedente per provare ad avvicinarci all’Arco anche se i cartelli e la guida minacciano un percorso faticoso e difficile con high gap (alti dislivelli). Io non sono molto convinta, ma vedo Ale determinato come non mai e così lo seguo. Forse dentro di noi, entrambi stiamo pensando di non salire fin su, ma vederlo solo da un po’ più vicino. L’inizio del percorso è fin troppo facile, poi cominciano i dolori… si sale e si scende, si sale e si scende e l’arco non si vede nemmeno in lontananza. Percorsi a precipizio si intervallano a salite su rocce. Ci voltiamo e vediamo l’auto sempre più lontana, sempre più piccola, finché diventa un puntino e scompare, mentre noi continuiamo a salire.

E’ faticosissimo ed è una corsa contro il tempo. Il sole sta per tramontare… ci aspetterà??? E poi al buio come faremo a trovare il sentiero per scendere? Non abbiamo torce e soprattutto dietro di noi non c’è nessuno che sta salendo. Sbrighiamoci! Ad un tratto delle persone in discesa ci annunciano che ce l’abbiamo quasi fatta. Corri, corri, il sole continua a scendere… la luce è sempre più fioca e solo pochi raggi si insinuano tra le montagne. Penso dentro di me “Non può tramontare, non può non aspettarci, proprio ora che ce l’abbiamo quasi fatta!”.

Giriamo intorno alla montagna… ma quanto è grande?!? E alla fine…ECCOLO!!!

Bellissimo! La vista ripaga la fatica. Siamo sudatissimi ma felici di aver potuto ammirare anche questo arco. Gli ultimi raggi di sole lo stanno ancora tingendo di rosso per noi (e le altre cento persone che sono con noi!). Ale non si gode lo spettacolo, pensando già alla discesa. E’ preoccupato di non riuscire a tornare prima che faccia buio. Io apprezzo la vista incantata,  ma non il tempo a sufficienza. Penso. “Potevamo salire prima!!!”. Facciamo qualche scatto e poi un altro turista ci immortala con l’arco sullo sfondo. Meraviglioso!

 L’ultima foto e il sole scompare dietro le montagne. Corri! La discesa mi preoccupa di più (a salire sono brava, ma a scendere mi intimorisco come i gatti, per giunta comincia ad essere buio e anche la mia vista comincia ad avere difficoltà). Non è però così difficile. Il nostro passo è veloce, a parte alcuni punti più ripidi. Proseguiamo e riusciamo a salire in auto giusto in tempo. Per me cominciava anche a far freddo. Appena cala il sole c’è una grossa escursione termica. Mezz’ora di auto per uscire dal parco e tornare in città. Qualche giretto e poi cena. Ale ordina sempre cose diverse e puntualmente dobbiamo fare a cambio con le mie succulente scelte! Tanto io mangio tutto rispetto a lui. Torniamo in camera, ci aspetta una “bella serata”: far entrare tutto quello che abbiamo comprato nelle valigie e naturalmente l’operazione così delicata spetta a me, la maga del tetris. All’inizio vengo presa dallo sconforto… poi mi dico: “Ce la posso fare! Mi piacciono le missions impossible!!!”. Ed infatti con qualche difficoltà riesco a chiudere tutti i bagagli. Ora nanna. Io non riesco a prendere sonno e continuo a rigirarmi nel letto. Finalmente mi assopisco ma è troppo tardi… è già mattina!

21 settembre 2011

Mi sveglio con il rumore incessante della doccia! Ma Ale è sempre così rapido a lavarsi, oggi sonnecchia sotto l’acqua?!? Ma è già ora di alzarsi? Purtroppo si. Veloce colazione, tanto non c’è nulla di speciale e carichiamo l’auto. Ultimo shopping, avendo notato ancora qualche buchino libero nelle valigie e poi si parte. Ci aspettano tre ore e mezzo di viaggio alla volta di Salt Lake City.

Ore 12.00 Ci fermiamo in un paesino carinissimo, chiamato Helper, stile far west, che sembra duecento anni indietro. Ale ha già fame così prende delle patatine (qui le fanno buonissime a spicchi con la buccia e la paprika) e del formaggio in crocchetta. Poi, non contento prende pure del pollo fritto. Meglio fare rifornimento, chissà poi quando ricapiterà di mangiare… è la scusa.

Mi metto alla guida, Ale è stanco e siamo a metà strada. Non appena tocca il sedile, cade in letargo. Io ammiro il panorama. Ad un tratto il paesaggio cambia. Abbiamo abbandonato le rocce rosse e ci stiamo dirigendo verso la parte più verde, la parte del bosco. Ci sono diversi balanced rock e qualcuna è franata. Si notano i residui sul ciglio della strada.

In Italia mettiamo le reti per impedire che piccole pietre cadano, qui sono veri e propri massi e non c’è alcuna protezione. Speriamo non decidano di venire giù proprio ora. Arriviamo a dieci chilometri di auto da Salt lake e Ale continua a dormire. La città è immensa. Siamo tornati di colpo al 2011. Lasciato il deserto, cominciano ad apparire ad entrambi i lati della strada casette e negozi che via via si intensificano. E di punto in bianco mi trovo a guidare in mezzo ad un traffico incredibile. Qui non si deve mantenere la destra, si cammina per file parallele e si può sorpassare da entrambi i lati, sia a destra che a sinistra. Che genialata?!? Così, devi guardare ovunque, perché possono arrivare da tutte le parti. Se, comunque, mantieni la tua “line” (corsia) senza sforare, è tutto sotto controllo.

Ale continua a dormire. Ad un tratto cominciano anche i lavori di manutenzione della strada con segnaletica. E che lavori! Ampliano delle strade già immense e per effettuare i lavori impiegano tremila autocarri e altrettanti operai. Non riesco più a seguire contemporaneamente i cartelli e il navigatore. E’ ora di svegliare il “bello” addormentato. Mancano comunque solo dieci minuti per raggiungere Salt Lake. Siamo veramente catapultati nella modernità. Grandi magazzini e svariati negozi appaiono alla nostra vista: Wall Mart, Best Buy, Cost Co … e noi? Non possiamo non fare una sosta per un rapido shopping. Poi, decidiamo di fare una passeggiata nel centro storico della città dei Mormoni. E’ molto carino e curato, bei giardini ed incontriamo due spose. La prima un po’ troppo abbondante e giovanissima, una bambina; la seconda veramente bella. La stragrande maggioranza dei mormoni celebra qui i loro matrimoni. C’è la cattedrale che non abbiamo potuto visitare all’interno, altri edifici dove i mormoni si riuniscono e altri dove, invece, si esibisce il coro. C’è un organo mastodontico. Al di fuori della recinzione che racchiude il cuore della città, una Library multipiano e altre costruzioni.

Riprendiamo l’auto e saliamo sulla collina per ammirare il Campidoglio,

Riscendendo scattiamo delle foto all’Eagle Gate, la porta della città e poi ci dirigiamo in albergo per lasciare i bagagli e visitare altri shopping center, prima di recarci in aeroporto per riconsegnare il fuoristrada.

Arrivati in aeroporto è tutto semplicissimo. Seguiamo le indicazioni “riconsegna auto a noleggio Hertz” e giunti al parcheggio, scendiamo dall’auto. Un signore si avvicina con una macchinetta elettronica, spinge un pulsante e stampa la ricevuta, consegnandola ad Ale e dicendo “Goodbye!”. Ci spiace dover lasciare la jeep che ci ha accompagnato in questa avventura per tutti questi giorni. L’avremmo messa in valigia se ciò fosse stato possibile… Un ultimo sguardo all’auto e poi via… le Hawaii ci aspettano…

Ci indicano dove prendere lo shuttle per l’albergo ed è già lì. Facciamo giusto in tempo a salire. Sono le 20 e noi avevamo prenotato per le 20.30. Infatti, manca un posto, ma l’autista ci consente di salire lo stesso, stringendoci. Io mi accomodo sulla ruota. E’ veramente scomodo, ma il tragitto è breve. Ed infatti, dopo dieci minuti arriviamo in albergo. Facciamo il check in, ci fermiamo all’internet point (vi ricordate che il pc ci ha abbandonato?) e poi andiamo in camera per sistemare i bagagli. Naturalmente, li riapro uno ad uno, per farci entrare più cose possibili. Sono le undici ed è tutto pronto per la partenza. Doccia e via a dormire anche se domani possiamo fare le cose con calma.

22 settembre 2011

ore 8. Ale è già sveglio. Io dormo. I nostri tempi sono sempre stati diversi!!! Mi alzo e andiamo a fare colazione. Qui va molto meglio. La sala per la colazione è veramente carina e scopriamo una piastra con la quale preparare dei waffels sul momento.

Si spinge un pulsante e si riempie un bicchierino con la quantità di preparato voluto, a seconda dello spessore che si vuole dare al waffle. Poi si svuota il contenuto liquido sulla piastra bollente e si chiude (come per le ferratelle abruzzesi, ma qui è tutto elettrico, non va sul gas). La macchina fa un bip, quando è ora di girare il waffel.

Con la manovella si ruota la piastra di 180°. Due minuti dall’altra parte, altro bip ed è pronta, calda calda.

Io l’ho farcita con il Marble Scyrup (sciroppo d’acero) da vera canadese. Ale con la marmellata. Questa sì che è una colazione davvero interessante!

 Facciamo un salto alla postazione pc dell’albergo per spedire qualche mail e poi in camera per gli ultimi preparativi. Arriviamo in aeroporto alle 11.45. Il nostro volo per Seattle decolla alle 14.00. Abbiamo tempo per visitare con calma l’aeroporto. E’ uno spettacolo, organizzatissimo, anche se al controllo con il total body scanner mi hanno fatto togliere le infradito e camminare scalza!!! Ed io avevo dimenticato i calzini nella valigia che avevo spedito! A parte questo “piccolo” inconveniente, al quale ho rimediato subito, disinfettando con l’amuchina le mie estremità, devo dire che:

1.      C’è una navetta free che porta al centro di Salt Lake per visitarla e poi riconduce in aeroporto, sempre che si abbiano almeno due ore a disposizione prima della partenza del proprio volo. Credo che in nessuna altra parte venga offerto un servizio del genere. Complimenti ai Mormoni e alla città!

2.    Ci sono delle esposizioni di quadri e di fotografie d’autore.

Queste ultime, in particolare, ritraggono ballerini di danza classica in scenari naturali bellissimi; naturalmente ne abbiamo fotografate diverse.

3.   Ci sono tanti tavolini con sedie ad uso libero, senza obbligo di acquisto o consumazione e postazioni dove poter caricare i cellulari, il pc (se il nostro funzionasse) e dulcis in fundo… il wi fi free. Non potete immaginare che rosicata!!!

4.    Ci sono anche le aree attrezzate per i bambini, con giochi per il loro intrattenimento!

Questo aeroporto è a cinque stelle!!! Ordinato, pulito, confortevole e pieno di servizi. Se si pensa che è per una città piccolina…

Alle 13.20 apre l’imbarco. Questo viaggio durerà solo due ore per raggiungere Seattle per uno scalo. Guardiamo la cartina geografica e ci accorgiamo che è veramente a nord la destinazione. E poi dobbiamo riscendere tantissimo, insomma la tratta scelta allunga di molto il percorso per raggiungere la meta finale.

Quando l’aereo sorvola Seattle, è uno spettacolo. Certo non naturale, ma anch’esso fantastico. Voliamo al di sopra della “City”… è pieno di grattacieli e c’è una torre panoramica simile allo Stratosphere di Las Vegas. Poi, un ponte enorme con i due sensi di marcia separati, come se fossero due ponti paralleli! E si vede tutto benissimo! Man mano che ci avviciniamo alla pista di atterraggio, i grattacieli scompaiono per far posto alle casette prefabbricate degli americani e le costruzioni si diradano, lasciando più spazio al verde. Atterriamo. Abbiamo due ore e mezza di tempo. Il nostro terminal S non è molto bello, così prendiamo un trenino per raggiungere il terminal A. Qui ci sono molti negozi e il Sea Food!!! Finalmente! Anche qui c’è molto fritto, ma noi siamo saturi. Fish & Chips invitantissimo, ma scegliamo una più sana salad with grilled salmon. Ottima, anche se nell’insalata c’è la solita salsa, più delicata, ma sempre salsa. Quanto ci manca l’olio extravergine di oliva, il prosciutto crudo e la mozzarella di bufala! Se riuscissimo ad aprire un ristorante con queste specialità, potremmo diventare più ricchi di Bill Gates! Questi americani non conoscono i piaceri della vita.

 Visitando un negozio di souvenir, ci fermiamo di fronte ad un monitor che sta proiettando un dvd su Seattle by night. Le luci ci fanno pensare a Las Vegas.

Poi, ci accorgiamo che, anche se solo per uno scalo tecnico, nel nostro viaggio abbiamo toccato un altro stato, lo stato del Washington, da non confondere con la città che si trova sulla costa opposta dell’Atlantico vicino a New York. Sale a sei (California, Nevada, Utah, Arizona, Washington, Hawaii) il numero degli stati visitati, anche se quest’ultimo lo abbiamo appena sfiorato.

Visitiamo qualche altro negozio e poi ci mettiamo in coda per salire sull’aereo. Scommettiamo su chi ci farà compagnia in questo tragitto, essendo il sedile a tre posti. L’aereo è pienissimo, ma il posto accanto a noi miracolosamente rimane vuoto, dopo aver schivato qualche persona un po’ troppo ingombrante (siamo in America!) e, per il dispiacere di Ale, una ragazzetta con tratti orientali ed un nasino alla francese delizioso.

Si decolla! Sorvoliamo di nuovo la città, ma le nuvole ci escludono subito la visuale dopo esser riusciti a rivedere il ponte, sebbene solo per pochi istanti.

Ale ha freddo e aveva freddo anche in aeroporto. Speriamo bene! Non è da lui. Ora, dorme, come al solito, sotto il pile. Ed io mi intrattengo aggiornando il diario di bordo. Stavolta le ore di volo sono tante ed io ho spedito anche il libro nel bagaglio! Che furba! Dimenticavo… sui voli Delta c’è il wi fi free, ulteriore motivo per pensare amaramente al pc ed al suo mancato funzionamento. Ma a questo punto, ci interessa solo recuperare le nostre foto. E pensare che volevo fare una copia su una chiavetta del file, ma non avendo spazio a sufficienza e non volendo cancellare nulla, non mi è stato possibile farlo. Non pensavo, però ad una rottura, ma ad un furto. Ed invece… l’avessi fatto!

La trasvolata è quasi finita. Per me è stato un po’ più faticoso.

No film, no libro … quando ho terminato di studiare la guida e di scrivere il diario di bordo non sapevo più cosa fare e Ale dormiva.

Ma, ce l’abbiamo fatta. Mancano circa quaranta minuti all’atterraggio e si sono accese le luci. Anche qui, dobbiamo compilare la dichiarazione per lo sbarco. Solo che questa volta c’è qualcosa da raccontare… Ale parla tanto bene l’inglese, ma con lo scritto e la grammatica…. Io ancora ho le lacrime agli occhi per il tanto ridere.

Insomma, prende il foglio e comincia a leggere le cose da dichiarare, modulo ovviamente in inglese…

1. frutti, fiori, piante…;

2. cani gatti, rettili e… tra questi si apre parentesi e specifica “turtles, lizards, snakes…”. Ale pensa allora di inserire proprio lì gli snacks che ha nella borsa, ovvero muffin e qualche salatino!!! Confondendo la parola “snakes” (serpenti)  con “snacks”. Per fortuna, ci sono io, altrimenti chissà da dove tirava fuori i serpenti alla dogana!

Atterriamo ad Honolulu… non appena riusciamo ad uscire dall’aeroporto e capire come raggiungere la città, veniamo immersi nel caos più totale (persone, auto, bus ovunque), peggio di Fiumicino nelle ore di punta nei giorni di festa.

Dopo vari giri e diverse richieste di informazioni, riusciamo a trovare il punto da dove parte il pulman che porta in città. La fila è notevole, ma al suo arrivo saliamo tutti, naturalmente con destinazioni diverse. Il viaggio dura un’ora abbondante con fermate piuttosto brevi sebbene tantissime.

Grazie all’organizzazione dell’autista, ognuno ritrova immediatamente il proprio bagaglio. Man mano che aumentano il numero delle tappe, diminuiscono il numero dei passeggeri. Alla partenza non c’era più un posto libero, ora siamo rimasti in otto ed ancora non è giunta l’ora di scendere. L’autista per addolcire la pillola dice “gli ultimi alberghi sono i migliori”. E noi siamo proprio gli ultimi due a scendere. Finalmente ecco il nostro!

Ma le parole dell’autista non corrispondono proprio a verità, anzi! Stanchi, scendiamo di fronte all’albergo che avevamo prenotato da Roma. Meglio non scrivere altro sul nostro arrivo. Sappiate solo che la sera stessa abbiamo chiesto di cambiare camera e la mattina successiva check out e nuova sistemazione.

23 settembre 2011

A parte l’inconveniente, alle nove eravamo in spiaggia. Certo non siamo alle Maldive… quello che colpisce di O’Ahu (questo è il nome dell’isola principale) sono questi immensi grattacieli uno di fianco all’altro a dieci passi dall’Oceano. E poi il consumismo… ci sono centinaia di shopping center che metterebbero a dura prova anche la Becky di Sophie Kinsella (ricordate “I love shopping”???). Per non parlare del traffico congestionato.

 Non sono il paradiso quando dalla spiaggia guardi la terraferma (troppi palazzoni, troppi interventi dell’uomo), ma quando ti sdrai sotto una palma e guardi l’Oceano, lo sguardo si perde nelle varie tonalità di turchese. E poi… immergersi nelle acque cristalline, sereni per la presenza di barriere di protezione dalle onde e dalle correnti - ed io direi anche dagli squali - e vedere tanti pesci di vari tipi che ti nuotano accanto è sicuramente sensazionale. La nuova sistemazione??? un albergo nel vero senso della parola, utilizzato da tante coppie giapponesi per celebrare i loro matrimoni, essendoci una “wedding chapel” al suo interno.   

In quattro giorni abbiamo incontrato circa cinque coppie di spose al giorno e considerando che non trascorrevamo tanto tempo in albergo, probabilmente i matrimoni in programma nel corso di ciascuna giornata erano molti di più. Alcune ragazze erano veramente carine, ma si sa… l’abito bianco dona un fascino particolare. E poi una sfilata di limousine bianche chilometriche non solo per le spose.

Dalla stanza del nostro albergo si godeva una vista sull’oceano superba! I cinque giorni alle Hawaii sono trascorsi velocemente. La mattina sempre in spiaggia sul presto; di tanto in tanto ci rinfrescavamo con pineapple juice 100% naturale e cubetti dello stesso frutto. Quando il sole cominciava a picchiare - per Ale subito, per me un bel po’ dopo - ci dedicavano alla visita di Waikiki e dintorni, in modo da poter tornare in spiaggia nel pomeriggio e fare una passeggiata sul bagno asciuga al tramonto.

In spiaggia io trascorrevo più tempo in acqua a nuotare ed a familiarizzare con i pesciolini, che sdraiata al sole. Milioni di pesci di diversi colori, forme e grandezze: dal trombetta al pagliaccio, dalla lumaca di mare al pesce pappagallo e così tra vederli e fotografarli  il tempo è volato via. Il servizio non poteva non interessare anche noi, naturalmente… Sia dall’affaccio della stanza d’albergo che dalla spiaggia, si potevano ammirare i surfisti che oltre la barriera si esibivano in danze sull’acqua grazie alle loro tavole. Dall’alba numerosi ragazzi, seduti a cavallo del loro surf, rimanevano in attesa dell’onda giusta. Eppure le onde qui non erano così tante e alte. Che pazienza! Non potevamo esimerci dal provare anche noi… e così abbiamo noleggiato una tavola e dopo alcune prove di equilibrio in  riva, abbiamo provato l’ebbrezza  di cavalcare le onde…

26 settembre 2011

Il penultimo giorno abbiamo dedicato il pomeriggio alla visita della Dole Plantation.

Pensavamo fosse un tour più interessante, ci ha un po’ deluso, anche perché il viaggio per raggiungere le piantagioni è durato troppo rispetto alla nostra permanenza all’interno per la visita, ma siamo stati sicuramente ricompensati dal fatto di aver visto per la prima volta le ananas e le banane sulle piante. I famosi caschi di bananine sono troppo belli e poi le ananas… per chi non lo sapesse, crescono fuori terra e sono sospese qualche centimetro, nonostante il peso. 

Abbiamo visto anche altri tipi di piante, tra cui il mango, l’albero del pane (non ci crescono le pagnotte!) e la pianta dei lichees, a bordo di un trenino rosso che si è addentrato nei campi, svelando la presenza di tutte queste differenti coltivazioni. Alla fine ci siamo rinfrescati con un ottimo gelato di ananas con pezzetti dello stesso frutto e abbiamo acquistato mini porzioni di marmellata ai frutti esotici. L’idea era quella di proseguire il viaggio sempre in bus per raggiungere la costa opposta, quella più ventosa e famosa dove i surfisti cavalcano le onde, alte fino a dieci metri! Vi rendete conto? Dieci metri… un muro d’acqua! Ci sarebbe tanto piaciuto vederle, ma le distanze sulla carta ci hanno di nuovo ingannato e quindi siamo dovuti tornare indietro senza raggiungere la meta pensata.

Nel viaggio di ritorno, il bus ha fatto anche un bel giro turistico, permettendoci di vedere la Chinatown e il Downtown, passando vicinissimo allo Iolani Palace, il palazzo del Re.

Per due sera siamo andati a cenare in un ristorantino sulla spiaggia, vista Oceano, caratteristico per il fatto che si ordina quello che si desidera e poi è possibile cucinare da soli la pietanza sulla griglia immensa posta in un lato del ristorante.

Noi abbiamo ordinato per due volte uno spiedino di tonno e un filetto di pesce locale, chiamato “mahi mahi” al cartoccio. Un ragazzo gentilissimo ci ha servito il tutto e ci ha dato consigli su come cucinarlo e per quanto tempo. Ci siamo così diretti alla griglia, abbiamo trovato un posticino libero e abbiamo posizionato il pesce, cuocendolo sotto la supervisione dello chef, che di tanto in tanto interveniva per spegnere i focolai che divampavano qua e là.

Abbiamo mangiato divinamente. Lo spiedino era eccezionale, condito con cubettini di ananas, pomodoro e spezie. Un sapore agrodolce che si abbinava benissimo con il tonno fresco grigliato. Anche Ale è rimasto soddisfatto del  pesce al cartoccio. Inoltre, c’era un ricco buffet con tante insalate, formaggi, grissini, salse, fagioli e mille altre cosine come “entrees”, nonché frutta.

Lo chef mi ha consigliato di porre sulla griglia anche l’ananas. Ho seguito il suo consiglio, ma io preferisco il frutto fresco.

Nel corso della prima serata un ragazzo seduto ad un tavolo vicino, dopo avermi visto preparare la macchina fotografica per l’autoscatto, si è offerto di farci qualche foto per immortalare la cenetta e poi ha portato ad Ale una ghirlanda bellissima di orchidee bianche, suggerendogli di regalarmela. Io l’ho sfoggiata per le due sere successive in giro per Waikiki.

Questa mattina ultimi raggi di sole, ultimi bagni e ultimi acquisti, per poi andare a depositare la nostra ghirlanda sulla statua dell’inventore dello sport più famoso qui: il SURF!

Per Ale è stata un’impresa davvero ardua.

Ha tentato dapprima di metterla al collo del surfista di bronzo alto due metri; poi ha ripiegato per il braccio. Prova a destra, prova a sinistra, ma neanche lì riusciva.

Solo dopo innumerevoli tentativi  è riuscito ad infilarla sul braccio destro e dovevate vedere come spiccava tra le altre viola.

La nostra era davvero la più bella!!!

Da sottolineare che la statua è sulla spiaggia di Waikiki e che essendo meta di pellegrinaggio per milioni di turisti che si fermano per scattare una foto insieme al famoso surfista, ai svariati tentativi di Ale, ha assistito un discreto numero di persone, che nell’attesa di poter avvicinarsi alla statua si è messa a fare il tifo. Ai piedi della statua c’erano anche alcuni bouquet, donati dalle spose.

Non sappiamo il significato intrinseco del gesto. Immaginiamo che deporre la ghirlanda sulla statua sia un omaggio, un tributo a colui che ha inventato questo spettacolare sport, anche solo da vedere e, noi abbiamo voluto unirci a tutti gli altri che hanno lasciato un ricordo del loro passaggio.

Certo la ghirlanda non durerà in eterno,.. Possiamo però preannunciare che dopo più di un mese i genitori di Ale si sono recati alle Hawaii e la nostra ghirlanda era ancora lì!

Siamo partiti a malincuore, la vacanza sta per finire e noi stiamo ritornando alla solita vita e ai soliti problemi. Ma non si può staccare la spina in eterno, sarebbe monotono. Per tirarci su, abbiamo già pensato di farci un viaggetto a Marsamatru o in Kenya. Stavolta, però villaggio non viaggio itinerante, così ci riposiamo un po’ tanto marzo è vicino, no???

     


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